Quando si confrontano le prestazioni di una pompa di calore, è meglio evitare il termine “efficienza”, in quanto esso ha differenti significati. La resa di una pompa di calore è misurata dalcoefficiente di prestazione, COP, dato dal rapporto tra energia resa (alla sorgente di interesse) ed energia consumata (di solito elettrica), usualmente indicato in fisica tecnica comecoefficiente di effetto utile. Un valore del COP pari, ad esempio, a 3 indica che per ogni kWh d’energia elettrica consumato, la pompa di calore renderà 3 kWh di calore.
Quando usata per scaldare con un clima mite, una tipica pompa di calore ha un COP da 3 a 4 (mediamente a 10 °C raggiunge 3,3, mentre a −8,3 °C si ferma a 2,3), mentre una classica stufetta elettrica ha un COP massimo teorico pari a 1. In altre parole 1 joule di energia elettrica permette alla stufetta di dare 1 J di calore, mentre, in condizioni ideali, permette ad una pompa di calore di muovere più di 1 J di energia termica da un luogo più freddo a uno più caldo. A volte questo concetto è espresso dai venditori di pompe di calore con la dichiarazione di un’efficienza maggiore del 100%, ma questa espressione non è corretta, in quanto quel lavoro non produce calore, ma lo muove.
Utilizzando come “stufetta” una macchina di Carnot in senso inverso (le si fornisce lavoro e si ottiene calore), tra sorgenti rispettivamente a 0 e 20 gradi centigradi, si ottiene un rendimento teorico COP pari a 15, ovvero un rapporto 1:15 tra il lavoro delle resistenze elettriche e il calore ottenuto. Macchine simili sono molto efficienti, ma il loro costo d’impianto è particolarmente elevato.
Il processo della pompa di calore non viola la prima legge della termodinamica, perché ci vuole meno energia per muovere il calore che per produrlo, e nemmeno la seconda legge della termodinamica, perché il lavoro richiesto per muovere il calore da bassa ad alta temperatura è maggiore del lavoro che si può ricavare muovendo la stessa energia termica, in senso opposto, attraverso un motore ideale (e questo è il principio che limita il COP).
Si fa notare che, quando c’è una notevole differenza di temperatura, per esempio quando si vuole riscaldare una casa in una rigida giornata invernale, è necessario più lavoro per muovere il calore all’interno. Se la pompa di calore è all’esterno e l’evaporatore non è riparato, è possibile che il COP scenda sotto 1 e che l’umidità dell’aria tenda a ghiacciarsi sulle alette del dispositivo (con conseguente obbligo di discioglierla periodicamente). In altre parole, quando fuori fa molto freddo, conviene creare calore all’interno con una stufetta elettrica piuttosto che cercare di portarlo dentro dall’esterno.
In fase di raffreddamento la prestazione di una pompa di calore è descritta dall’EER (energy efficiency ratio) o dall’SEER (seasonal energy efficiency ratio), migliori quanto più elevati. Il costruttore dichiara quindi sia il COP, sia l’EER (o l’SEER). In alcuni stati è richiesto un minimo valore del SEER: per esempio in Canada esso è 13; con l’uso di scambiatori e fluidi refrigeranti più efficienti, uniti a compressori a velocità variabile, si possono raggiungere valori pari a 17.
La pompa di calore è solitamente più efficiente nel riscaldamento che nel raffreddamento, dato che la macchina spreca sempre una parte di energia in calore e questa può essere recuperata come calore di riscaldamento.